mercoledì 11 maggio 2011

I pollici di Megan Fox

Adesso devo chiederti un piccolo sforzo di fantasia, Ale. Immagina di essere un uomo, sulla trentina d'anni e d'aspetto gradevole ma non particolarmente attraente.
Incontri una sera in un american bar Megan Fox che beve un Manhattan, inguainata in un tubino blu.
(Se ti stai chiedendo che razza di storia inverosimile è questa, dove trovi Megan Fox sola soletta mentre tira fuori la ciliegia dal suo cocktail e l'afferra con le labbra, ti ricordo di averti chiesto all'inizio del nostro patto narrativo di fare un piccolo sforzo di fantasia. E poi non sei neanche un uomo.)
Ti avvicini trovando il giusto equilibro fra il discreto e l'essere sicuro di te, e ti rendi conto che è uno di quei giorni dove sedurre ti viene naturale: non ti esponi troppo, lasci che lei parli, fai la battuta giusta e riesci a coordinare tutto questo con una spontaneità tale da far pensare a chiunque, anche alla tua famosa interlocutrice, che tu sia sincero e naturale perché ti stai davvero godendo la sua compagnia e non per qualche viscido tentativo di manovramento per portarla a letto, farle un filmino di nascosto e venderlo alla Vivid.
Comunque, più tardi a letto ci andate per davvero.

La mattina dopo la vedi gironzolare in shorts e felpa: ti si contorce lo stomaco nel vedere che è comunque uno schianto di ragazza anche senza il trucco. Fate colazione insieme e lei ti racconta di quando la domenica mattina andava a trovare la nonna e sul tavolo della cucina c'era una torta di mele appena sfornata, preparata proprio per l'amata nipotina.
È così adorabile, è così normale.

Iniziate a vedervi in maniera continuativa.
È molto ambiziosa, non avevi mai considerato certi aspetti della vita di un'attrice come la preparazione fisica e il metodo Stanislavskij. Spesso la mattina si alza presto per fare jogging e le prove negli studios le prendono tantissimo tempo. Anche quando passa a casa tua dopo il lavoro è ancora assorbita dagli esercizi di memoria emotiva. Siete stanchi da morire entrambi, ma a te è concesso di essere te stesso a lavoro, lei per contratto deve essere un'altra persona.
La osservi spesso mentre si prepara prima di uscire la sera. La ricerca parossistica della perfezione di chi è un'icona e non può permettersi di essere sotto le righe ad un importante evento mondano. A volte ti rimprovera se non ti sei azzimato per bene. Adesso anche tu stai sotto i riflettori e brilli, anche se non di luce propria.
In fondo alla scarpiera ci sono le tue vecchie converse. Non ti ricordi più dell'ultima volta che le hai indossate. Quando eri single e le sere erano consacrate agli amici di sempre ti sfilavi le tue Ferragamo con allacciatura Oxford, lasciavi la cravatta sul letto ed eri un ragazzo come tanti che guarda il Super Bowl alla Tv. Ti manca tutto questo, ti manca come non avresti mai potuto credere.

I pollici di Megan Fox sono tozzi, malformati. È l'unico difetto che sei riuscito a notarle nei mesi in cui siete stati insieme. Stranamente, il ricordo di quelle unghiette focomeliche è l'unico a stringerti il cuore in una morsa nostalgica quando ripensi alla tua relazione con un sex symbol.
Esci fuori dal portone di casa tua, sotto c'è la tua ragazza che t'aspetta per andare a vedere la partita dei New York Giants. Anche lei indossa delle vecchie scarpe da ginnastica.

martedì 26 aprile 2011

Estate 1991

Il mio banchetto era in quarta fila, nella seconda colonna a partire dalla parete della porta. Non avevo mai razionalizzato che odiavo il colore verdolino della sua superficie, e che avrei voluto che fosse blu cobalto come quello di Elisa, seduta alla mia sinistra. Sembra svagata mentre svolge il suo compito. Il fatto è che quando si scrive un tema si è tanto più concentrati quanto più si è svagati. Avevo i palmi delle mani lievemente sudati, la bic blu a punta grossa scivolava tra indice e pollice.

Alzai lo sguardo. Intercettai un'occhiata inquisitrice dell'esaminatrice e ricacciai la testa sul foglio protocollo che mi si parava davanti. Tutti stavano scrivendo. Tutti avevano qualcosa da dire in merito all'argomento. Le mani degli altri si muovevano lente, prestando attenzione alla leggibilità della grafia, ma nessuna si fermava mai, se non per posare la penna e scrollare le dita anchilosate. Le mie, ferme, si aggrappavano al bordo del banco. Luca, davanti a me, sulla destra, si è poggiato alla parete ed ha il busto torso verso la finestra. Scuote le mani più spesso degli altri perché scrive con una Biribiro e si stanca più facilmente. La penna di Elisa invece è di quelle con l'inchiostro profumato, sento solo quell'odore di fiore finto e guardo il finto verde di erba finta sul mio banchetto e vorrei il mare calmo del banco di Elisa china sul resoconto del programma delle vacanze che sono alle porte, perché questo è, si tratta solo di un “Le vacanze sono alle porte: come trascorrerai questi mesi di svago prima dell'inizio delle scuole medie?” mentre io mi ero preparato anche alcuni argomenti di attualità, avrei voluto tanto parlare di attualità anziché di vacanze, non vedo l'ora che inizi il compito di matematica, così almeno non dovrò parlare di me, della vacanza che è stata annullata perché il neurologo ha detto che la mamma ha la sclerosi multipla ed è per questo che è sempre stanca e a volte non le funzionano le gambe e neanche me ne rendo conto, ho iniziato a scrivere proprio questo, non posso svolgere questo tema perché la mia madre ha la sclerosi multipla e non possiamo più partire in vacanza, e “vacanza” non si legge tanto bene perché ho iniziato a piangere e tremare, e la classe se n'è accorta ma io sono già in piedi, l'esaminatrice mi guarda di nuovo, ma stavolta ha una faccia più che preoccupata, direi allarmata mentre io mi avvicino e le consegno il compito quasi in bianco e le chiedo di andare in bagno, e per l'andito vuoto risuonano i miei passetti nervosi e i singulti che cerco di frenare.

sabato 23 aprile 2011

[intermezzo osceno in luogo pubblico - il brano che ho letto alla serata Le Fleurs Du Mal di ieri]

C'era quella faccenda ipocrita della scelta.

Se fai il classico dopo puoi scegliere la facoltà che più ti piace.
Se vuoi fare veterinaria, potresti diventare medico ed avere una casa enorme con tutti i cani e i gatti che vuoi.
Se non esci oggi, sabato potrai.
Se non vuoi mangiare carne, c'è del pane avanzato da ieri.

Era tutto a fin di bene, per carità. Ma il suo limite di sopportazione era stato superato tempo addietro (c'è da dire che non era mai stata una persona molto paziente). E poi sapeva, lo sapeva che ormai i tempi erano maturi per la svolta che attendeva da tutt'una vita. Diventava ogni giorno sempre più nervosa, chiedendosi: “ma quando arriverà quel giorno?” e immaginava il gran giorno nei particolari più minuziosi. Aveva deciso di fare le cose in grande, e voleva che tutto fosse perfetto. Poi s'impauriva perché si sa che quando una persona immagina di poter far andare le cose alla perfezione pianificandole con largo anticipo, gli eventi finiranno con l'evolversi in maniera del tutto inaspettata. Così cercava di non figurarsi troppo vividamente come sarebbe andata. Ma possiamo dire che una scaletta se l'era fatta, ecco.

Nel frattempo si esercitava a sorridere. Era fondamentale un sorriso naturale, un po' vacuo ma senza crepe: ogni espressione del suo disagio sarebbe diventato l'ennesimo oggetto di discussione collettiva denudato vivisezionato analizzato banalizzato. Il suo disagio doveva restare integro in quanto primo motore immobile del lavorio sotterraneo che dopo anni avrebbe finalmente avuto termine.
Perché ormai era arrivata al termine. Aveva vent'anni, era adulta e poteva ben dirsi il demiurgo del proprio destino. Nessuno avrebbe più interferito nelle sue decisioni, piccole o grandi che fossero.
Il giorno che decise di riprendersi, anzi di prendersi per la prima volta la sua vita fece le seguenti cose, in sequenza:
-tappa dal parrucchiere. Capelli cortissimi e biondo platino.
-tappa dal tatuatore. Intricato motivo floreale (rose) in stile old school sul piede sinistro.
-tappa al centro commerciale. Comprò un magnifico vestito viola di organza.
-tappa dal droghiere.

Tornata a casa si truccò, si mise l'abito e volteggiò per qualche minuto di fronte allo specchio. Vedeva il suo viso tornare infantile, sinceramente radioso. Adesso era veramente sua, e mentre era intenta a fare un nodo saldo, si rendeva conto, raggiante che era arrivato il momento che tanto aveva atteso: l'affermazione della propria persona come individuo unico e dotato di poteri decisionali su se stesso.
E così, con un orgoglio selvaggio che le montava in petto, salì sullo sgabello, fissò la corda alla trave del soffitto e si aggiustò l'altra estremità intorno al collo. Poi saltò.

martedì 19 aprile 2011

Abbracciami

Sono solo su questa terra e morirò da solo. Passo il tempo a chiedermi se sia l'unico a sentirmi così; tutte le persone che incrocio per le strade della mia città, sugli autobus, nella sala d'attesa del mio medico, nascoste dagli occhiali da sole, dalle riviste o dalla vacuità del loro sguardo. Sei milardi e passa di individualità con le loro relazioni intrecciate per motivi necessari. Saluto e pago la banconiera che mi porge la busta di pane che ho appena comprato. Anche lei è sola? Vede decine di clienti fissi ogni giorno, le basterà la sera per sentirsi, non dico amata, ma almeno necessaria? Ho fatto le mie scelte, ho ferito e deluso e sono stato ferito e deluso a mia volta da altre persone. Il dolore passa, mi dimentico dei motivi che mi hanno fatto litigare con persone che, tanto tempo fa, ho creduto importanti nella mia vita. Sì, ci sono state delle persone che mi hanno fatto sentire meno solo; non avrei immaginato, quando avevo la loro compagnia, che sarebbero uscite dalla mia vita. Di più: non avrei nemmeno immaginato la mia vita senza di loro nello stesso modo in cui posso concepire unicamente a livello cerebrale il bancone del panificio con un'altra commessa che pesa il mio pane, lo imbusta e me lo offre.
Ero convinto che avrei trovato la pace della mia solitudine in un amore, un giorno incontrai una persona e credetti che la mia ricerca avesse avuto fine. Fu una sensazione che nacque repentinamente e che perdurò dopo che anche quella persona uscì dalla mia vita. Il suo ricordo restava con me. Aveva dato un senso così profondo alla mia esistenza da trasfigurare il passato in una preparazione ad accogliere la mia metà.
La mia metà.
Le persone non sono a metà, purtroppo. Sono tutte intere e sono chiuse, monadi che ti danno il resto alla cassa del supermercato o che ti mettono al mondo, non c'è differenza. Vivo in attesa dello scontro tra particelle, anche il più insignificante. A volte il mio interlocutore mi guarda e so che stiamo pensando la stessa cosa, abbiamo la stessa curiosità nei confronti dell'altro, e poi si spegne. Tornerà a casa, non so dove, chiamerà qualcuno al telefono, non so chi, si siederà e chiuderà gli occhi, e non saprò se lo farà per beatitudine, ansia o semplicemente per stanchezza. Ed in quel momento ci saremo già dimenticati l'uno dell'altro.
Non penso più così spesso al tempo passato con quella persona di tanto tempo fa. A volte però mi viene in mente un abbraccio che ci scambiammo come saluto: l'addio che mi diede. Non realizzai in quel momento quanto fossero fisicamente vicini i nostri cuori. Non era un gesto passionale, non era una riconciliazione e non era una mera formalità.
Se incroci il mio sguardo per strada e leggi la tua stessa solitudine nei miei occhi, sai già che riprenderemo ognuno il nostro cammino. Prima di dimenticarti di me, fermati e abbracciami. Fissiamo nella memoria il ricordo dell'istante in cui si sono unite due monadi. Abbracciami e tieni il tuo cuore vicino al mio. Solo per un momento.

martedì 29 marzo 2011

Alice (assaggio del racconto che verrà pubblicato nel numero di maggio di POBA)

Mi ricordo che il primo test non funzionò. Probabilmente per l'ansia aveva sbagliato qualcosa (e io non potevo certo rimproverarglielo – non era forse per un mio sbaglio che ci stavamo trovando in questa situazione?) e nessuna delle tre cellette aveva cambiato colore.
Tornai dalla cucina con una bottiglia piena d'acqua, mi sedetti di fronte a lei e gliela porsi. Ci sono alcune cose che ricordo assurdamente bene: l'etichetta della bottiglia, la freddezza delle sue mani, il plaid a tinte scure sul letto.

Finì di bere l'acqua e prese l'altro test.
“No” la fermai, “falla in un bicchiere e poi ci penso io”.

Le tolsi le scarpe e la feci sdraiare. La infagottai sotto il plaid e mi misi ad armeggiare col bicchiere, il test e le istruzioni.


Quando sei pronta ad eseguire il test, apri
l'involucro sigillato dello stick e rimuovi il
cappuccio blu. Utilizza lo stick
immediatamente.

Posizionare il Tampone Assorbente rivolto verso il basso sotto il
flusso dell'urina oppure immergilo nel campione di urina raccolto,
come mostrato, per soli 5 secondi.

Il Tampone cambierà colore velocemente e diventerà rosa per
indicare l'assorbimento dell'urina. Lascia la punta colorata a
contatto con l'urina per tutto il periodo previsto di 5 secondi.

Mantenere il Tampone Assorbente colorato rivolto verso il basso
oppure appoggiate il test su una superficie orizzontale fino alla
comparsa della linea nella finestra di conferma.

Una linea blu nella finestra di
conferma indica che il test è in
corso di esecuzione.

Il risultato può essere letto dopo 2
minuti.
Leggi il risultato solo dopo la
comparsa della linea blu.


Seguii le istruzioni pedissequamente. Solo le mie palpebre sbattevano frenetiche mentre osservavo l'orologio, la lancetta dei secondi che ci separava, o ci avvicinava alla verità. Avrei immaginato che sarebbero passati lentamente, ed invece svanirono. Non avrei mai voluto che finissero. Non volevo saperlo.

Avevo così tanta paura, Alice. Avevo quindici anni, non ero pronto.
Non ero ancora pronto.

mercoledì 23 marzo 2011

A love request

Se vuoi conquistarmi, la prima sera non portarmi nel ristorante macrobiotico. Non portarmi nella trattoria segnalata dal Gambero Rosso. Non offrirmi la pizza gourmet. Non prepararmi una cena a base di agnolotti al tartufo/pasta al sugo di lepre con aromi di bosco/astice al mastice.

Portami da Burger King.
E paghiamo alla romana.

lunedì 21 marzo 2011

[intermezzo ritardatario - la recensione de "I terribili segreti di Maxwell Sim" di Jonathan Coe]


(Attenzione spoiler)

Il grosso guaio di Maxwell Sim è che vorrebbe essere un personaggio tipico (nell'accezione di Balzac), e risulta essere solo - involontariamente - grottesco. È una caricatura irreale dell'uomo moderno che cerca di interagire con una società mutevole, realizzata utilizzando come modello il luogo comune sull'uomo moderno etc. e non l'uomo moderno vero e proprio.

Praticamente un personaggio da prendere a schiaffi.

Prendiamo ad esempio il brano in cui il padre regala alla figlia neotredicenne un libro da colorare e la trova cresciuta, adolescente. Sveglia Jonathan! Quanto pensi sia credibile questa scenetta? Nella realtà, nel mondo vero, regalare un libro da colorare una bambina di otto anni equivale ad un insulto. Neanche il padre più distratto sulla faccia della terra farebbe una simile debacle.

Poi c'è la tecnologia, che viene enfatizzata furiosamente. Avete presente il metodo Stanislavskij per gli attori? Mi sarei aspettata che per un libro saturo di argomenti così recenti ma già inglobati nel nostro quotidiano, il buon Coe avrebbe applicato il metodo anche al suo libro: rendere Facebook, la comunicazione via sms, i blackberry, la voce del navigatore satellitare un sottotesto discreto.
Invece no: dentro questo libro c'è un calderone di banalità sul modo in cui i ragazzi scherzano via messaggi (qui abbiamo l'autore che vorrebbe mostrarci quanto sono sciocchi i ragazzi, finendo invece col fare lui la parte dell'imbecille per via della sua totale assenza di padronanza dell'argomento) e sugli uomini di mezza età che non riescono a rapportarsi alla rivoluzione della comunicazione (non so proprio chi frequenti il signor Coe per avere queste idee sui suoi coetanei).

L'idea che mi è rimasta è quella di un cinquantenne vecchio dentro che vuole fare il ggiovane a tutti i costi, rendendosi così ancora più vecchio.
(Va detto che in certe parti questo aspetto è reso proprio esplicito, e mi è venuto da chiedermi se effettivamente l'autore l'abbia fatto apposta: ma anche se così fosse, ha avuto una pessima idea).

Il colpo di grazia è il gran finale postmoderno, almeno nelle intenzioni: Maxwell si ritrova davanti al suo scrittore che ne decreta la fine della storia, facendolo sparire. Vi assicuro, non ricorda Pirandello: a me ha fatto pensare al finale bolso di un B movie deludente buttato lì per pigrizia/mancanza di fondi.

Fine.

lunedì 14 marzo 2011

pi-greco-bday

Sono nata sabato, all'ora di pranzo. In ritardo di due settimane. Mio padre aveva fatto i baffi alla foto di Claude Lelouch sulla copertina della settimana enigmistica.

Quando vidi la mia torta di compleanno, rimasi delusa. Desideravo una di quelle torte spessissime di pasticceria con i personaggi disegnati sopra e cinque candeline. Quella torta era frugale, dorata, senza panna, in una teglia di alluminio. Non ho più mangiato una torta così buona.

Festeggiai l'arrivo dei tredici anni ascoltando i nirvana, mentre mi preparavo per andare a scuola.

Normalmente le mie zie mi regalano soldi. Mio padre mi comprava dei vestiti ma, dato che ne ho gli armadi pieni, adesso preferisce farmi le strenne pure lui. Francesco solitamente mi regala un libro, o un cd, o un dvd. Stavolta invece ho trovato nella casella di posta un voucher della Ryanair.

Sempre nell'inbox ho trovato anche un link ad un pezzo di Piero Ciampi, per mandarmi "affanculo". In ritardo di due settimane.

(È pur vero che il voucher è inteso per aiutarmi ad andare al Primavera Sound, per certi aspetti lo potrei assimilare alla categoria dei regali musicali)

Come regalo dal fato, vorrei trovare Filippo Timi sotto il piumone, stasera.
(Invece troverò Gatta, sopra il piumone)

Ho ricevuto un fiore, quest'anno. Uno splendido tulipano rosa da un signore che stava mangiando nella trattoria dove ho comprato le pizze. Per qualcuno sono ancora così fresca.

martedì 8 marzo 2011

[intermezzo video]

ho scelto i 25 che più mi stanno a cuore. Incapace di fare una vera e propria classifica, li posto in ordine alfabetico per artista.

Beastie Boys - Fight For Your Right
Un classico, ma così classico che continuano a farmi ridere le torte in faccia sul finale



Beck - Sexx Laws
In realtà tutti i video di Beck hanno un loro perché. Ma solo in questo c'è Jack Black. Super fumetto fluo con pupazzoni giganti e elettrodomestici impazziti



Bjork - Bachelorette
Bjork è un' altra che posso definire un eroe: della musica che ha creato in questi anni non sono una grande ascoltatrice, ma il fatto che l'abbia creata merita il mio rispetto.



Blur - Coffee + TV
Ammetto che possa essere una scelta sputtanata. Ma quando ti alzi la mattina e vedi che tuo fratello ha disegnato una faccia sorridente sul cartone dell'Arborea, non puoi non pensare che quel video in qualche modo abbia rivoluzionato la tua concezione dei brick da latte



Bluvertigo - Cieli Neri
Non ho una grande fissa per il Giappone, ma trovo che il video sia perfetto con la canzone



Chemical Brothers - Hey Girls Hey Boys
Forse l'aspetto più inquietante del video è l'incredibile somiglianza fra l'attrice che interpreta la protagonista da ragazzina e quella che la impersona da adulta


Daft Punk - Da Funk
Se anche voi ritenete che questo video abbia un finale esageratamente triste, sappiate che il clip realizzato per Fresh costituisce l'epilogo della storia di Charles e Beatrice



Foo Fighters - Big me
Stupidamente geniale. Credo che sia il primo video dei Foo Fighters - Grohl ha lo stesso look che sfoggiava coi Nirvana - e probabilmente resta il più divertente di tutti



Junior Senior - Move Your Feet
Non ho idea di che fine abbiano fatto questi qui. Video in 8bit con uno scoiattolo bastardo e decostruzionista



Knife - We Share Our Mother's Health
Ci sono un sacco di elementi che rendono il video uno dei miei preferiti: bianco nero e rosso, il modo in cui hanno reso graficamente le due voci, le linee essenziali. Mi piace un sacco



Les Rythmes Digitales - Sometimes
La mia personale storia di questo video è un po' lunga: la prima volta che lo vidi fu alla TV e non feci a tempo a vedere il nome dell'artista né quello della canzone. Così per anni ho ricordato solo il video. Accadde poi, molti anni dopo, che raccontando la trama del clip ad un ragazzo che ascolta tutt'altro genere di musica mi sono sentita rispondere"Les Rythmes Digitales, e il pezzo si chiama Sometimes". Così questo pezzo ha accumulato un sacco di significati



Melvins - The Talking Horse
Allora la storia è più o meno questa: uomo d'affari spezza una matita e scompare; dalla matita ne esce fuori un pollo che a sua volta diventa una specie di fantoccio hip hop, che viene seguito da un vampiresco uomo in nero che ottiene informazioni da complementi d'arredo urbano sulla direzione intrapresa dalla sua vittima. Gran finale con rivincita dei nerd e elementi massonici non troppo nascosti



Pearl Jam - Do The Evolution
Alla base del video ci stanno le teorie del gemello cattivo e acuto di Darwin



Prodigy - Breathe
È oggettivamente un video tamarro, con elementi tamarri e pensato per un pubblico di giovani tamarri. Evergreen sempre affascinate, la varietà di insetti, nematodi e quant'altro possa essere annoverato come "schifoso" (per non parlare dei vestiti di Flint)



Pulp - Common People
Quando le atmosfere retrò erano all'avanguardia



Queen - Innuendo
Stop motion, i musicisti ridisegnati in versioni che ricordano le opere di Picasso, Pollock, Leonardo e quelle dell'età vittoriana, spezzoni di altri video, però con criterio



Radiohead - Paranoid Android
Strano video con uno strano individuo che fa e sogna strane cose. Memorabile il tassista che approva l'incontro con la prostituta sull'albero



Roger Sanchez - Another Chance
Cercare l'amore con un cuore ingombrante che tende a gonfiarsi in fretta dopo le delusioni. A chi non è mai successo?



Royksopp - Remind Me
Non vorrei mai essere uno dei Royksopp e passare ogni istante della mia vita a pensare alle composizioni di ogni singolo elemento che trovo nella mia vita



Salt-N-Pepa - Twist & Shout
Quando Grease incontra Will il principe di Bel Air


Smashing Pumpkins - 1979
Ero indecisa se mettere questo video o Tonight, tonight. Ho scelto questo perché è l'unico video dove ci sono degli adolesenti interpretati da adolescenti



Soundgarden - Black Hole Sun
Fra tutti, è il mio video preferito di sempre. Grottesco, satirico e puriginosamente insano. La mia parte preferita è quella della barbecue Barbie



Spice Girls - Wannabe
Il sogno dei miei dieci anni: essere una mulatta che soffre di ADHD e irrompere in una festa lussuosa e ingessata con quattro amiche un po' zoccole che si sono vestite al buio


Tori Amos - A Sorta Fairytale
Tori Amos è una bella gamba; Adrien Brody un avambraccio. Riusciranno a completarsi a vicenda?



White Town - Your Woman
L'amore in una corsa ad ostacoli dall'estetica anni '30. Dall'amore all'indipendenza



sabato 5 marzo 2011

#7 - Hometown [2007, prima di trasferirmi]

La mia città si presenta come un ecosistema umido. I suoi abitanti possiedono la straordinaria proprietà di uniformarsi in pensieri, parole, guardaroba e omissioni, gli uni con gli altri. L'incapacità di questo posto di offrire sbocchi lavorativi o culturali, con una percentuale annua di aborti forzati di speranze ed entusiasmi di cui non voglio nemmeno sapere la stima, ricorda a taluni la Dublino di Joyce, a talaltri la Springfield groeningiana: solo coloro che riescono a scappare hanno, grazie alla loro fuga, una via di salvezza. E non è facilissimo risolversi all'emigrazione verso oasi rigogliose (o si tratta solo di un miraggio causato dalla calura e dalla lontananza della meta agognata?) perchè questo luogo non è privo di un fascino vischioso che transmuta il suol natio nell'isola-che-non-c'è di cui si era alla ricerca, per un crudele scherzo del destino. Non è caotica, non è pacata; il cielo è affascinante sia quand'è terso che durante gli acquazzoni relativamente rari. Si finisce col conoscersi tutti, da queste parti, eppure pochi disdegnano dal trarre vanto della propria rete relazionale.
Cagliari è la mia città, ed è un tabernacolo vuoto.
Non la si può amare come un turista può fare con un luogo esotico che sta visitando; le si può voler bene poichè è un'amica d'infanzia, e ogni via, ogni tratto del suo carattere è un momento dell'esistenza, alla ricerca di uno stimolo -atto ad accrescere e sviluppare una personalità unica- che non è mai stato trovato.
E allora si fugge, alla ricerca di un Santo Graal miracolosamente in grado di dare forma e colore alla propria vita. Eppure la lontananza dal nido procura quel senso di vuoto che, stando allo Zingarelli e al De Mauro, si chiama nostalgia.

martedì 1 marzo 2011

[intermezzo contemplativo: una celebrità come sosia di una persona che mi provoca crisi ormonali fortissime ogni volta che si palesa in una qualsivogl


Giovanni Ribisi.
Abbiamo visto attori più belli, più alti, non affiliati a Scientology. Ma lui mi fa impazzire.
(leggere il titolo frammentato per capire perché)
(ma anche guardare la foto può rendere l'idea del motivo)

Tra l'altro, mi sono resa conto che è nel cast di "Strade perdute". Tipo che lo inquadrano in una scena di sfuggita con altre quattro persone e forse (ma non ci metterei la mano sul fuoco) dice «Ciao».
Però, però.

domenica 20 febbraio 2011

Weekend Warriors

È un miracolo che non abbia vomitato in taxi. Anche perché eravamo sulla tangenziale e non potevo dirgli "accosti, per favore"

Com'è che si chiama quel posto in Spagna 'ndo stanno tutte le discoteche... ah sì, Ibiza

Ma siete sorelle?

Io l'ho finita a body dance e palpate di culo con la futura moglie di un prete che era anche lui alla festa

Male che vada, resti a dormire da me, ti presto io un paio di mutande

Ti ricordi di me? Sono il coinquilino di Francesco
Ah sì, Emilio!
A dire il vero mi chiamo Luigi

Excuse me, is this the right direction for Fontana di Trevi? Can we take a bathe in it?

Questo posto è pieno di belle fighe

Questo posto è pieno di sfigati

Ciao, ti ho chiamato per sapere se ieri alla fine ci siamo salutati. Ah, ti ho accompagnato io fuori dal locale?

Stasera resto a casa.

lunedì 14 febbraio 2011

#6 - il disagio

È diventata ancora più bella, in questi due anni. I capelli liscissimi, corvini che ondeggiano lungo la schiena.
"Attenzione: si avvisano i gentili passeggeri e tutto il personale della metropolitana che a causa di un guasto tecnico il servizio verrà rallentato. Ci scusiamo per il disagio"
Le palpebre e le labbra hanno una tonalità borgogna, spiccano sul candore della pelle. Passa oltre, si piazza al centro della banchina. Non so se mi ha
"Attenzione: si avvisano i gentili passeggeri e tutto il personale della metropolitana che a causa di un guasto tecnico il servizio verrà rallentato. Ci scusiamo per il disagio"
Il ragazzo vicino a me è molto elegante. E carino. La banchina si riempie, mi distraggo dall'attesa dandogli qualche occhiata.
"Attenzione: si avvisano i gentili passeggeri e tutto il personale della metropolitana che a causa di un guasto tecnico il servizio verrà rallentato. Ci scusiamo per il disagio"
Ci sorridiamo con rassegnazione.
"Attenzione [...]"
Ho scelto un pessimo abbigliamento per un colloquio, in più sono in ritardo. Lei è dimagrita, mi pare. Ad ogni modo è ancora più bella rispetto all'ultima volta che l'ho vista.
"Attenzione: si avvisano i gentili passeggeri e tutto il personale della metropolitana che a causa di un guasto tecnico il servizio verrà rallentato. Ci scusiamo per il disagio"
Allora era nel letto del mio ragazzo. Da come si è fatta strada nella folla, direi che non ha perso quella spavalderia sfacciata. È diventata più volgare forse, sicuramente più affascinante.
"Attenzione: si avvisano i gentili passeggeri e tutto il personale della metropolitana che a causa di un guasto tecnico il servizio verrà rallentato"
Non si scusano neanche più. Io e il ragazzo ci guardiamo. Altro sorriso rassegnato.
Quant'è carino.
Mi volto, non la vedo.
"Attenzione: si avvisano i gentili passeggeri e tutto il personale della metropolitana che a causa di un guasto tecnico il servizio verrà rallentato. Ci scusiamo per il disagio"
Faccio un passo in avanti, oltre la linea gialla. Eccola.
Sono voltata verso di lei, dando le spalle alla direzione dalla quale provengono i treni.
Mi sono voltata per guardare lei, vedere la sua espressione, il suo aspetto curato, metropolitano.
Fisso la sua spavalderia per un unico, lungo istante come in uno spaghetti western.
(diciamo che la percezione temporale va a farsi benedire, in certe situazioni)
E lei abbassa lo sguardo, si volta e sprofonda nella folla.
"Attenzione: il servizio riprende regolarmente"
Mi giro verso il ragazzo elegante. Ci sorridiamo.

venerdì 11 febbraio 2011

[tweet autocommiserativo + video]

dovrò ricordarmi del mio "ex" la prossima volta che troverò un intellettuale che legge e scrive e scopa perché non c'è nient'altro da fare

giovedì 10 febbraio 2011

#5 - Bianco, nero e rosso

Era vestito in modo decisamente ridicolo, da becchino al matrimonio di sua figlia: giacca in poliestere nera, pantaloni in poliestere neri, camicia in poliestere bianca, cravatta in poliestere nera. Immaginai che avesse anche un paio di mutande in poliestere bianche con una fantasia di cravatte in poliestere rosse, ma scacciai subito l'idea disgustato.
Quando mi vide, non fece neanche a tempo a spaventarsi perchè, Beretta nera in mano, feci fuoco. Percepii nettamente il crack! del proiettile frantumare la zona frontale del cranio, fendere il cervello, frantumare la zona occipitale del cranio e uscire fuori facendo un rumore di chiodi mentre rimbalzava sul marmo bianco proprio nello stesso istante in cui il corpo di quell'inutile morto cadeva a terra. La testa era contornata da un'aureola rossa dai contorni irregolari ma morbidi.
L'accostamento fra bianco, nero e rosso mi è sempre piaciuto.


***
(Pubblicato mercoledi 13 Giugno 2007 alle 10:42 su Sickgirl.it e recuperato grazie al "copia cache")

martedì 8 febbraio 2011

#4 - Sexy Girls

1. Buzzicone.
Sono sedute sul tram di fronte a me. Sono ipnotizzata dalle varietà cromatiche delle loro unghie e dalla dimensione degli orecchini che una di loro indossa con nonchalance.
Un po' di numeri a caso: sono le tre e mezzo di domenica pomeriggio, loro fanno a malapena trent'anni in due, ma unite riescono a superare facilmente la soglia del quintale. E hanno un appuntamento.
(Una parentesi personale/ammissione di debolezza: sono astrattamente invidiosa delle donne che hanno un appuntamento. L'ultimo appuntamento più o meno definibile nei termini di "primo incontro di natura romantica con un conoscente" è stato verso la fine del 2009 con uno che sbagliava sempre il mio nome di battesimo. Questa esperienza non è valsa come deterrente, giacché sospiro ogni sera quando penso al fatto che fuori una moltitudine di ragazze con le unghie e gli orecchini si sta recando ad un appuntamento. Poi però penso alle controparti maschili che le aspettano e frego i piedi dentro le pantofole dalla contentezza.)
Le due buzzicone, oltre alle unghie e gli orecchini, hanno una chioma con meches piastrata. Sugli occhi ombretto bianco, eyeliner nero e molto mascara, però hanno pensato bene di non mettersi il fondotinta per coprire i brufoli. Ah, e hanno la pancia in vista.
Non voglio soffermarmi sul fatto che abbiano fatto scelte discutibili per apparire/sentirsi sexy, in questo momento sono curiosa di sapere se si sentono effettivamente così, se credono che le unghie posticce e il trucco pesante siano un buon biglietto da visita o se per loro è un mezzo di espressione della loro personalità. E in quest'ultimo caso, che personalità hanno.

2. Parioline
Le tre parioline appollaiate alla ringhiera vicino al capolinea dell'autobus sono il sogno di ogni pedofilo ripulito (non so voi, io sto pensando ad uno scrittore capitolino di mezza età) perché hanno i capelli di una morbida tonalità di castano chiaro/biondo cenere (naturale), portano la 38 ed hanno dei visi da ninfette.
"Per me a dodici anni è troppo presto"
"Sì è vero, non capisci bene"
"A quattordici anni sei più matura"
"Tu a quanti anni l'hai fatto la prima volta?"
(Come sono diventata bigotta. Eh no, che non stavano parlando di baci. Che poi, per la cronaca, non è che a quattordici sei matura. A volte non lo sei neanche a diciotto.)
"Io a dodici"
"Io a und... no, anch'io a dodici".

lunedì 7 febbraio 2011

[intermezzo epato-didascalico]

Non sto aggiornando per il semplice fatto che non ho altri pezzetti di racconti che mi piacciano abbastanza. Tra l'altro nutro non pochi dubbi sulla validità di questi. In più mi sento male. Alzino la mano quanti di voi hanno coscienza del loro fegato nello stesso modo in cui hanno coscienza della lingua o delle mani.
Il mio fegato è vivo, e a quanto pare non se la passa benissimo. Tra l'altro è un vicino d'organi alquanto rompicoglioni e si lamenta ogniqualvolta la cassa toracica si muove. Traete voi le conseguenze. Adesso so che non vorrei mai essere una delle mie costole, poverette. Tutto il tempo a sentirlo contorcersi e protestare per ogni minima dilatazione polmonare. Lo posso sentire fin da qui: "Basta, è sempre lo stesso bordello! Inspira-espira-inspira-espira [mi verrebbe da rispondergli 'dai la cera-togli la cera', ma dubito che il vecchio fegato abbia mai visto Karate Kid] inspira-espira! Piantatela o vi chiamo i carabinieri!" et cetera.
Che diavolo gli sia preso, non ne ho idea.

mercoledì 2 febbraio 2011

#3 - il falò d'acqua (come ho celebrato il funerale dei miei scritti supponenti e lamentosi di quand'ero ragazzina)

I polpastrelli delle mani sembrano quelli di una vecchia. I miei arti superiori sono immersi in una poltiglia scura e puzzolente d'alcol. A galla emergono pezzetti di carta di differenti dimensioni, colori, spessori. Solo quello che c'era scritto sopra era tutto uguale. E meritava di annegare dentro la bacinella bianca, nel mio bagno.
Di tutte le cose inutili di cui ho avuto il coraggio di disfarmi solo in quell'estate, restavano un diario e dei fogli in cui avevo annotato il mio stato d'animo nei momenti peggiori dei miei anni più bui. Benché non li leggessi da tempo li avevo conservati dentro il bauletto di legno che funge da comodino nella mia camera a Cagliari. Sono rimasti lì dentro per qualcosa come otto o nove anni, sepolti da una collezione di audiocassette piratate e una bottiglia di rum pressoché intonsa risalente al mio diciannovesimo compleanno.
Non saprei spiegare perchè ho conservato una bottiglia di una bevanda che mi fa schifo più di quanto non sappia spiegare perché ho conservato quella che si è rivelata della carta straccia, così come mia madre non saprebbe dire perchè ha conservato per più di vent'anni un mucchio di oggetti che quest'estate hanno trovato nel cassonetto dell'indifferenziato sotto casa una nuova dimora. La domanda, forse, sarebbe più chiara se venisse posta in questi termini: perché conservare per un lungo tempo oggetti che non riportano alla memoria momenti felici o degni di essere ricordati? Né le case né le memorie delle persone sono luoghi infiniti in cui archiviare ogni prova tangibile del nostro passaggio sulla terra. Mi chiedo quali criteri dovrei adoperare per decidere che cosa dev'essere conservato e ciò che verrà dimenticato. È a questo che sto pensando, mentre sminuzzo la carta e osservo l'inchiostro dissolversi nell'acqua e nel rum.
Forse è così ovvio che non meriterebbe menzione, ma la curiosità ha avuto la meglio sul disgusto ed ho letto parte degli scritti.
Diario.
Una specie di quaderno artigianale realizzato e venduto in una bancarella di Via Manno da una fricchettona biondina. Copertina di panno viola e molte pagine grosse, del colore delle buste postali. In apertura una frase copiata dal secondo album dei Distillers, mia vera passione dei sedici anni. Nella quasi totalità dell'opera farnetico sulla mia cotta per il gelataio di piazza Yenne e descrivo tutti gli eventi che costituivano il mio goffo corteggiamento, le sue ancor più goffe reazioni e tutte le seghe mentali annesse e connesse.
Fogli sparsi scritti a mano.
Il grosso della mia produzione intellettuale 2000-2001. Pagine strappate dal centro dei quaderni e fogli bianchi formato A4, perlopiù. Carta imbrattata da poesie orribili e brevi (a tredici anni non poteva essere altrimenti) autobiografie. Oltre alla non-fiction, pochi inconcludenti incipit di racconti (non ho perso l'abitudine).
Fogli sparsi scritti a macchina.
Testi di canzoni, tablature per basso e chitarra e qualche componimento per la scuola: un compito per le vacanze (storia d'amore dal finale tragico con una sola citazione letteraria), la trama di Sostiene Pereira, una pagellino della quarta superiore, il reperto più recente.
Lettere.
Disegni.
Volantini.
Trrrr-trrrr. ogni foglio viene stracciato a mano in un numero di parti che è sempre una potenza di 2. Trrrr-Trrrr. 4. Trrrr-Trrrr.
Ma anche così c'erano frammenti leggibili, anzi il problema era proprio che avevo fra le mani frammenti. Avevo qualcosa tra le mani, qualcosa che era ancora riconoscibile come scrittura. Non si trattava più di evitare che qualcuno potesse leggere. Era la presenza di parole che avevo combinato in una sequenza che raccontava cose stupide come se fossero importanti, meritevoli di essere ricordate. O cose dolorose, di quel dolore della società del post nato dall'eccesso e non dalla mancanza. C'era qualcosa di osceno e offensivo nella scelta di scrivere certe cose.

All'inizio pensai ad un funerale vichingo per tutta quella carta, ma un appartamento non lo permette. Poi mi venne l'idea dell'acqua. Forse per via di alcune parole di un grande poeta:

Fleba il Fenicio, morto da quindici giorni,
Dimenticò il grido dei gabbiani, e il flutto profondo del mare
E il guadagno e la perdita.
Una corrente sottomarina
Gli spolpò le ossa in sussurri. Mentre affiorava e affondava
Traversò gli stadi di maturità e gioventù
Entrambi nei gorghi.
E così annegai la carta. All'acqua aggiunsi il rum, ad essi si aggiunse l'inchiostro; poi il liquido spolpò la carta in sussurri.

sabato 29 gennaio 2011

#2

Non ho mai capito se anche per gli altri era così, o se ero solo io ad aver trovato difficoltà nel vivere. C'erano (e ci sono) certi periodi in cui sembrava facile andare avanti, come se le persone e gli eventi che mi si presentavano si fossero messi educatamente in fila indiana davanti a me, come per conoscermi. Poi... la locuzione che si usa solitamente è “gli eventi precipitano”, come se si trattasse di una bufera che ti butta a terra, ed in effetti, sì, sono delle bufere... però, ecco, l'espressione che cercavo è “essere travolto dagli eventi”. Era come se quella coda passasse dalla modalità inglese a quella italiana, ed io perdevo il filo di tutto quello che mi stava succedendo. Iniziava quando trascuravo qualcosa, solitamente il tempo. E poi non riuscivo più a riprendere le redini per un bel pezzo.

venerdì 28 gennaio 2011

#1

La luce nella stanza non sarebbe adatta per un film. È troppo bianca, fredda. Anche l'aria è fredda. Nessuno dei due si muove, non è l'affetto a bloccarli in quel letto. Lei si accende una sigaretta, giusto per non smentire il cliché. Per lo stesso motivo lui le fa tenere la testa sul braccio sinistro e con la mano in debito vascolare le accarezza distrattamente i capelli biondi.
Sono le 13.17, il che significa che hanno a disposizione 43 minuti per rivestirsi, riassettarsi, uscire dalla stanza, uscire dall'albergo, prendere due taxi diversi per non dare nell'occhio e ritrovarsi alla seconda parte del convegno come colleghi di lavoro. Possono restare supini ancora per 13 minuti. Lui potrà sfiorarle i capelli che le cadono sull'orecchio per meno, comincia a dolergli la mano. Non parlano, si gustano il silenzio cageano dei cellulari. Il riscaldamento ha ripreso a funzionare. Li culla. Lei fra due ore dovrà fare un'intervento in pubblico. Il leitmotiv che ribadirà per il quarto d'ora a disposizione grazie a sinonimi e contrari verterà sui vantaggi che l'azienda ABC otterrà grazie alla fusione con la XYZ holding. Un po' di cenere è caduta sulle lenzuola. Lui tra l'altro si deve fermare al centro commerciale che sta proprio a due isolati dalla sala conferenze per comprare il regalo di compleanno del figlio. Forse si è dimenticata di mettere in valigia il blister degli anticoncezionali.
Mancano 5 minuti alle 13.30. Nessuno dei due ha il coraggio di muoversi.