domenica 20 febbraio 2011

Weekend Warriors

È un miracolo che non abbia vomitato in taxi. Anche perché eravamo sulla tangenziale e non potevo dirgli "accosti, per favore"

Com'è che si chiama quel posto in Spagna 'ndo stanno tutte le discoteche... ah sì, Ibiza

Ma siete sorelle?

Io l'ho finita a body dance e palpate di culo con la futura moglie di un prete che era anche lui alla festa

Male che vada, resti a dormire da me, ti presto io un paio di mutande

Ti ricordi di me? Sono il coinquilino di Francesco
Ah sì, Emilio!
A dire il vero mi chiamo Luigi

Excuse me, is this the right direction for Fontana di Trevi? Can we take a bathe in it?

Questo posto è pieno di belle fighe

Questo posto è pieno di sfigati

Ciao, ti ho chiamato per sapere se ieri alla fine ci siamo salutati. Ah, ti ho accompagnato io fuori dal locale?

Stasera resto a casa.

lunedì 14 febbraio 2011

#6 - il disagio

È diventata ancora più bella, in questi due anni. I capelli liscissimi, corvini che ondeggiano lungo la schiena.
"Attenzione: si avvisano i gentili passeggeri e tutto il personale della metropolitana che a causa di un guasto tecnico il servizio verrà rallentato. Ci scusiamo per il disagio"
Le palpebre e le labbra hanno una tonalità borgogna, spiccano sul candore della pelle. Passa oltre, si piazza al centro della banchina. Non so se mi ha
"Attenzione: si avvisano i gentili passeggeri e tutto il personale della metropolitana che a causa di un guasto tecnico il servizio verrà rallentato. Ci scusiamo per il disagio"
Il ragazzo vicino a me è molto elegante. E carino. La banchina si riempie, mi distraggo dall'attesa dandogli qualche occhiata.
"Attenzione: si avvisano i gentili passeggeri e tutto il personale della metropolitana che a causa di un guasto tecnico il servizio verrà rallentato. Ci scusiamo per il disagio"
Ci sorridiamo con rassegnazione.
"Attenzione [...]"
Ho scelto un pessimo abbigliamento per un colloquio, in più sono in ritardo. Lei è dimagrita, mi pare. Ad ogni modo è ancora più bella rispetto all'ultima volta che l'ho vista.
"Attenzione: si avvisano i gentili passeggeri e tutto il personale della metropolitana che a causa di un guasto tecnico il servizio verrà rallentato. Ci scusiamo per il disagio"
Allora era nel letto del mio ragazzo. Da come si è fatta strada nella folla, direi che non ha perso quella spavalderia sfacciata. È diventata più volgare forse, sicuramente più affascinante.
"Attenzione: si avvisano i gentili passeggeri e tutto il personale della metropolitana che a causa di un guasto tecnico il servizio verrà rallentato"
Non si scusano neanche più. Io e il ragazzo ci guardiamo. Altro sorriso rassegnato.
Quant'è carino.
Mi volto, non la vedo.
"Attenzione: si avvisano i gentili passeggeri e tutto il personale della metropolitana che a causa di un guasto tecnico il servizio verrà rallentato. Ci scusiamo per il disagio"
Faccio un passo in avanti, oltre la linea gialla. Eccola.
Sono voltata verso di lei, dando le spalle alla direzione dalla quale provengono i treni.
Mi sono voltata per guardare lei, vedere la sua espressione, il suo aspetto curato, metropolitano.
Fisso la sua spavalderia per un unico, lungo istante come in uno spaghetti western.
(diciamo che la percezione temporale va a farsi benedire, in certe situazioni)
E lei abbassa lo sguardo, si volta e sprofonda nella folla.
"Attenzione: il servizio riprende regolarmente"
Mi giro verso il ragazzo elegante. Ci sorridiamo.

venerdì 11 febbraio 2011

[tweet autocommiserativo + video]

dovrò ricordarmi del mio "ex" la prossima volta che troverò un intellettuale che legge e scrive e scopa perché non c'è nient'altro da fare

giovedì 10 febbraio 2011

#5 - Bianco, nero e rosso

Era vestito in modo decisamente ridicolo, da becchino al matrimonio di sua figlia: giacca in poliestere nera, pantaloni in poliestere neri, camicia in poliestere bianca, cravatta in poliestere nera. Immaginai che avesse anche un paio di mutande in poliestere bianche con una fantasia di cravatte in poliestere rosse, ma scacciai subito l'idea disgustato.
Quando mi vide, non fece neanche a tempo a spaventarsi perchè, Beretta nera in mano, feci fuoco. Percepii nettamente il crack! del proiettile frantumare la zona frontale del cranio, fendere il cervello, frantumare la zona occipitale del cranio e uscire fuori facendo un rumore di chiodi mentre rimbalzava sul marmo bianco proprio nello stesso istante in cui il corpo di quell'inutile morto cadeva a terra. La testa era contornata da un'aureola rossa dai contorni irregolari ma morbidi.
L'accostamento fra bianco, nero e rosso mi è sempre piaciuto.


***
(Pubblicato mercoledi 13 Giugno 2007 alle 10:42 su Sickgirl.it e recuperato grazie al "copia cache")

martedì 8 febbraio 2011

#4 - Sexy Girls

1. Buzzicone.
Sono sedute sul tram di fronte a me. Sono ipnotizzata dalle varietà cromatiche delle loro unghie e dalla dimensione degli orecchini che una di loro indossa con nonchalance.
Un po' di numeri a caso: sono le tre e mezzo di domenica pomeriggio, loro fanno a malapena trent'anni in due, ma unite riescono a superare facilmente la soglia del quintale. E hanno un appuntamento.
(Una parentesi personale/ammissione di debolezza: sono astrattamente invidiosa delle donne che hanno un appuntamento. L'ultimo appuntamento più o meno definibile nei termini di "primo incontro di natura romantica con un conoscente" è stato verso la fine del 2009 con uno che sbagliava sempre il mio nome di battesimo. Questa esperienza non è valsa come deterrente, giacché sospiro ogni sera quando penso al fatto che fuori una moltitudine di ragazze con le unghie e gli orecchini si sta recando ad un appuntamento. Poi però penso alle controparti maschili che le aspettano e frego i piedi dentro le pantofole dalla contentezza.)
Le due buzzicone, oltre alle unghie e gli orecchini, hanno una chioma con meches piastrata. Sugli occhi ombretto bianco, eyeliner nero e molto mascara, però hanno pensato bene di non mettersi il fondotinta per coprire i brufoli. Ah, e hanno la pancia in vista.
Non voglio soffermarmi sul fatto che abbiano fatto scelte discutibili per apparire/sentirsi sexy, in questo momento sono curiosa di sapere se si sentono effettivamente così, se credono che le unghie posticce e il trucco pesante siano un buon biglietto da visita o se per loro è un mezzo di espressione della loro personalità. E in quest'ultimo caso, che personalità hanno.

2. Parioline
Le tre parioline appollaiate alla ringhiera vicino al capolinea dell'autobus sono il sogno di ogni pedofilo ripulito (non so voi, io sto pensando ad uno scrittore capitolino di mezza età) perché hanno i capelli di una morbida tonalità di castano chiaro/biondo cenere (naturale), portano la 38 ed hanno dei visi da ninfette.
"Per me a dodici anni è troppo presto"
"Sì è vero, non capisci bene"
"A quattordici anni sei più matura"
"Tu a quanti anni l'hai fatto la prima volta?"
(Come sono diventata bigotta. Eh no, che non stavano parlando di baci. Che poi, per la cronaca, non è che a quattordici sei matura. A volte non lo sei neanche a diciotto.)
"Io a dodici"
"Io a und... no, anch'io a dodici".

lunedì 7 febbraio 2011

[intermezzo epato-didascalico]

Non sto aggiornando per il semplice fatto che non ho altri pezzetti di racconti che mi piacciano abbastanza. Tra l'altro nutro non pochi dubbi sulla validità di questi. In più mi sento male. Alzino la mano quanti di voi hanno coscienza del loro fegato nello stesso modo in cui hanno coscienza della lingua o delle mani.
Il mio fegato è vivo, e a quanto pare non se la passa benissimo. Tra l'altro è un vicino d'organi alquanto rompicoglioni e si lamenta ogniqualvolta la cassa toracica si muove. Traete voi le conseguenze. Adesso so che non vorrei mai essere una delle mie costole, poverette. Tutto il tempo a sentirlo contorcersi e protestare per ogni minima dilatazione polmonare. Lo posso sentire fin da qui: "Basta, è sempre lo stesso bordello! Inspira-espira-inspira-espira [mi verrebbe da rispondergli 'dai la cera-togli la cera', ma dubito che il vecchio fegato abbia mai visto Karate Kid] inspira-espira! Piantatela o vi chiamo i carabinieri!" et cetera.
Che diavolo gli sia preso, non ne ho idea.

mercoledì 2 febbraio 2011

#3 - il falò d'acqua (come ho celebrato il funerale dei miei scritti supponenti e lamentosi di quand'ero ragazzina)

I polpastrelli delle mani sembrano quelli di una vecchia. I miei arti superiori sono immersi in una poltiglia scura e puzzolente d'alcol. A galla emergono pezzetti di carta di differenti dimensioni, colori, spessori. Solo quello che c'era scritto sopra era tutto uguale. E meritava di annegare dentro la bacinella bianca, nel mio bagno.
Di tutte le cose inutili di cui ho avuto il coraggio di disfarmi solo in quell'estate, restavano un diario e dei fogli in cui avevo annotato il mio stato d'animo nei momenti peggiori dei miei anni più bui. Benché non li leggessi da tempo li avevo conservati dentro il bauletto di legno che funge da comodino nella mia camera a Cagliari. Sono rimasti lì dentro per qualcosa come otto o nove anni, sepolti da una collezione di audiocassette piratate e una bottiglia di rum pressoché intonsa risalente al mio diciannovesimo compleanno.
Non saprei spiegare perchè ho conservato una bottiglia di una bevanda che mi fa schifo più di quanto non sappia spiegare perché ho conservato quella che si è rivelata della carta straccia, così come mia madre non saprebbe dire perchè ha conservato per più di vent'anni un mucchio di oggetti che quest'estate hanno trovato nel cassonetto dell'indifferenziato sotto casa una nuova dimora. La domanda, forse, sarebbe più chiara se venisse posta in questi termini: perché conservare per un lungo tempo oggetti che non riportano alla memoria momenti felici o degni di essere ricordati? Né le case né le memorie delle persone sono luoghi infiniti in cui archiviare ogni prova tangibile del nostro passaggio sulla terra. Mi chiedo quali criteri dovrei adoperare per decidere che cosa dev'essere conservato e ciò che verrà dimenticato. È a questo che sto pensando, mentre sminuzzo la carta e osservo l'inchiostro dissolversi nell'acqua e nel rum.
Forse è così ovvio che non meriterebbe menzione, ma la curiosità ha avuto la meglio sul disgusto ed ho letto parte degli scritti.
Diario.
Una specie di quaderno artigianale realizzato e venduto in una bancarella di Via Manno da una fricchettona biondina. Copertina di panno viola e molte pagine grosse, del colore delle buste postali. In apertura una frase copiata dal secondo album dei Distillers, mia vera passione dei sedici anni. Nella quasi totalità dell'opera farnetico sulla mia cotta per il gelataio di piazza Yenne e descrivo tutti gli eventi che costituivano il mio goffo corteggiamento, le sue ancor più goffe reazioni e tutte le seghe mentali annesse e connesse.
Fogli sparsi scritti a mano.
Il grosso della mia produzione intellettuale 2000-2001. Pagine strappate dal centro dei quaderni e fogli bianchi formato A4, perlopiù. Carta imbrattata da poesie orribili e brevi (a tredici anni non poteva essere altrimenti) autobiografie. Oltre alla non-fiction, pochi inconcludenti incipit di racconti (non ho perso l'abitudine).
Fogli sparsi scritti a macchina.
Testi di canzoni, tablature per basso e chitarra e qualche componimento per la scuola: un compito per le vacanze (storia d'amore dal finale tragico con una sola citazione letteraria), la trama di Sostiene Pereira, una pagellino della quarta superiore, il reperto più recente.
Lettere.
Disegni.
Volantini.
Trrrr-trrrr. ogni foglio viene stracciato a mano in un numero di parti che è sempre una potenza di 2. Trrrr-Trrrr. 4. Trrrr-Trrrr.
Ma anche così c'erano frammenti leggibili, anzi il problema era proprio che avevo fra le mani frammenti. Avevo qualcosa tra le mani, qualcosa che era ancora riconoscibile come scrittura. Non si trattava più di evitare che qualcuno potesse leggere. Era la presenza di parole che avevo combinato in una sequenza che raccontava cose stupide come se fossero importanti, meritevoli di essere ricordate. O cose dolorose, di quel dolore della società del post nato dall'eccesso e non dalla mancanza. C'era qualcosa di osceno e offensivo nella scelta di scrivere certe cose.

All'inizio pensai ad un funerale vichingo per tutta quella carta, ma un appartamento non lo permette. Poi mi venne l'idea dell'acqua. Forse per via di alcune parole di un grande poeta:

Fleba il Fenicio, morto da quindici giorni,
Dimenticò il grido dei gabbiani, e il flutto profondo del mare
E il guadagno e la perdita.
Una corrente sottomarina
Gli spolpò le ossa in sussurri. Mentre affiorava e affondava
Traversò gli stadi di maturità e gioventù
Entrambi nei gorghi.
E così annegai la carta. All'acqua aggiunsi il rum, ad essi si aggiunse l'inchiostro; poi il liquido spolpò la carta in sussurri.