martedì 26 aprile 2011

Estate 1991

Il mio banchetto era in quarta fila, nella seconda colonna a partire dalla parete della porta. Non avevo mai razionalizzato che odiavo il colore verdolino della sua superficie, e che avrei voluto che fosse blu cobalto come quello di Elisa, seduta alla mia sinistra. Sembra svagata mentre svolge il suo compito. Il fatto è che quando si scrive un tema si è tanto più concentrati quanto più si è svagati. Avevo i palmi delle mani lievemente sudati, la bic blu a punta grossa scivolava tra indice e pollice.

Alzai lo sguardo. Intercettai un'occhiata inquisitrice dell'esaminatrice e ricacciai la testa sul foglio protocollo che mi si parava davanti. Tutti stavano scrivendo. Tutti avevano qualcosa da dire in merito all'argomento. Le mani degli altri si muovevano lente, prestando attenzione alla leggibilità della grafia, ma nessuna si fermava mai, se non per posare la penna e scrollare le dita anchilosate. Le mie, ferme, si aggrappavano al bordo del banco. Luca, davanti a me, sulla destra, si è poggiato alla parete ed ha il busto torso verso la finestra. Scuote le mani più spesso degli altri perché scrive con una Biribiro e si stanca più facilmente. La penna di Elisa invece è di quelle con l'inchiostro profumato, sento solo quell'odore di fiore finto e guardo il finto verde di erba finta sul mio banchetto e vorrei il mare calmo del banco di Elisa china sul resoconto del programma delle vacanze che sono alle porte, perché questo è, si tratta solo di un “Le vacanze sono alle porte: come trascorrerai questi mesi di svago prima dell'inizio delle scuole medie?” mentre io mi ero preparato anche alcuni argomenti di attualità, avrei voluto tanto parlare di attualità anziché di vacanze, non vedo l'ora che inizi il compito di matematica, così almeno non dovrò parlare di me, della vacanza che è stata annullata perché il neurologo ha detto che la mamma ha la sclerosi multipla ed è per questo che è sempre stanca e a volte non le funzionano le gambe e neanche me ne rendo conto, ho iniziato a scrivere proprio questo, non posso svolgere questo tema perché la mia madre ha la sclerosi multipla e non possiamo più partire in vacanza, e “vacanza” non si legge tanto bene perché ho iniziato a piangere e tremare, e la classe se n'è accorta ma io sono già in piedi, l'esaminatrice mi guarda di nuovo, ma stavolta ha una faccia più che preoccupata, direi allarmata mentre io mi avvicino e le consegno il compito quasi in bianco e le chiedo di andare in bagno, e per l'andito vuoto risuonano i miei passetti nervosi e i singulti che cerco di frenare.

sabato 23 aprile 2011

[intermezzo osceno in luogo pubblico - il brano che ho letto alla serata Le Fleurs Du Mal di ieri]

C'era quella faccenda ipocrita della scelta.

Se fai il classico dopo puoi scegliere la facoltà che più ti piace.
Se vuoi fare veterinaria, potresti diventare medico ed avere una casa enorme con tutti i cani e i gatti che vuoi.
Se non esci oggi, sabato potrai.
Se non vuoi mangiare carne, c'è del pane avanzato da ieri.

Era tutto a fin di bene, per carità. Ma il suo limite di sopportazione era stato superato tempo addietro (c'è da dire che non era mai stata una persona molto paziente). E poi sapeva, lo sapeva che ormai i tempi erano maturi per la svolta che attendeva da tutt'una vita. Diventava ogni giorno sempre più nervosa, chiedendosi: “ma quando arriverà quel giorno?” e immaginava il gran giorno nei particolari più minuziosi. Aveva deciso di fare le cose in grande, e voleva che tutto fosse perfetto. Poi s'impauriva perché si sa che quando una persona immagina di poter far andare le cose alla perfezione pianificandole con largo anticipo, gli eventi finiranno con l'evolversi in maniera del tutto inaspettata. Così cercava di non figurarsi troppo vividamente come sarebbe andata. Ma possiamo dire che una scaletta se l'era fatta, ecco.

Nel frattempo si esercitava a sorridere. Era fondamentale un sorriso naturale, un po' vacuo ma senza crepe: ogni espressione del suo disagio sarebbe diventato l'ennesimo oggetto di discussione collettiva denudato vivisezionato analizzato banalizzato. Il suo disagio doveva restare integro in quanto primo motore immobile del lavorio sotterraneo che dopo anni avrebbe finalmente avuto termine.
Perché ormai era arrivata al termine. Aveva vent'anni, era adulta e poteva ben dirsi il demiurgo del proprio destino. Nessuno avrebbe più interferito nelle sue decisioni, piccole o grandi che fossero.
Il giorno che decise di riprendersi, anzi di prendersi per la prima volta la sua vita fece le seguenti cose, in sequenza:
-tappa dal parrucchiere. Capelli cortissimi e biondo platino.
-tappa dal tatuatore. Intricato motivo floreale (rose) in stile old school sul piede sinistro.
-tappa al centro commerciale. Comprò un magnifico vestito viola di organza.
-tappa dal droghiere.

Tornata a casa si truccò, si mise l'abito e volteggiò per qualche minuto di fronte allo specchio. Vedeva il suo viso tornare infantile, sinceramente radioso. Adesso era veramente sua, e mentre era intenta a fare un nodo saldo, si rendeva conto, raggiante che era arrivato il momento che tanto aveva atteso: l'affermazione della propria persona come individuo unico e dotato di poteri decisionali su se stesso.
E così, con un orgoglio selvaggio che le montava in petto, salì sullo sgabello, fissò la corda alla trave del soffitto e si aggiustò l'altra estremità intorno al collo. Poi saltò.

martedì 19 aprile 2011

Abbracciami

Sono solo su questa terra e morirò da solo. Passo il tempo a chiedermi se sia l'unico a sentirmi così; tutte le persone che incrocio per le strade della mia città, sugli autobus, nella sala d'attesa del mio medico, nascoste dagli occhiali da sole, dalle riviste o dalla vacuità del loro sguardo. Sei milardi e passa di individualità con le loro relazioni intrecciate per motivi necessari. Saluto e pago la banconiera che mi porge la busta di pane che ho appena comprato. Anche lei è sola? Vede decine di clienti fissi ogni giorno, le basterà la sera per sentirsi, non dico amata, ma almeno necessaria? Ho fatto le mie scelte, ho ferito e deluso e sono stato ferito e deluso a mia volta da altre persone. Il dolore passa, mi dimentico dei motivi che mi hanno fatto litigare con persone che, tanto tempo fa, ho creduto importanti nella mia vita. Sì, ci sono state delle persone che mi hanno fatto sentire meno solo; non avrei immaginato, quando avevo la loro compagnia, che sarebbero uscite dalla mia vita. Di più: non avrei nemmeno immaginato la mia vita senza di loro nello stesso modo in cui posso concepire unicamente a livello cerebrale il bancone del panificio con un'altra commessa che pesa il mio pane, lo imbusta e me lo offre.
Ero convinto che avrei trovato la pace della mia solitudine in un amore, un giorno incontrai una persona e credetti che la mia ricerca avesse avuto fine. Fu una sensazione che nacque repentinamente e che perdurò dopo che anche quella persona uscì dalla mia vita. Il suo ricordo restava con me. Aveva dato un senso così profondo alla mia esistenza da trasfigurare il passato in una preparazione ad accogliere la mia metà.
La mia metà.
Le persone non sono a metà, purtroppo. Sono tutte intere e sono chiuse, monadi che ti danno il resto alla cassa del supermercato o che ti mettono al mondo, non c'è differenza. Vivo in attesa dello scontro tra particelle, anche il più insignificante. A volte il mio interlocutore mi guarda e so che stiamo pensando la stessa cosa, abbiamo la stessa curiosità nei confronti dell'altro, e poi si spegne. Tornerà a casa, non so dove, chiamerà qualcuno al telefono, non so chi, si siederà e chiuderà gli occhi, e non saprò se lo farà per beatitudine, ansia o semplicemente per stanchezza. Ed in quel momento ci saremo già dimenticati l'uno dell'altro.
Non penso più così spesso al tempo passato con quella persona di tanto tempo fa. A volte però mi viene in mente un abbraccio che ci scambiammo come saluto: l'addio che mi diede. Non realizzai in quel momento quanto fossero fisicamente vicini i nostri cuori. Non era un gesto passionale, non era una riconciliazione e non era una mera formalità.
Se incroci il mio sguardo per strada e leggi la tua stessa solitudine nei miei occhi, sai già che riprenderemo ognuno il nostro cammino. Prima di dimenticarti di me, fermati e abbracciami. Fissiamo nella memoria il ricordo dell'istante in cui si sono unite due monadi. Abbracciami e tieni il tuo cuore vicino al mio. Solo per un momento.