martedì 19 aprile 2011

Abbracciami

Sono solo su questa terra e morirò da solo. Passo il tempo a chiedermi se sia l'unico a sentirmi così; tutte le persone che incrocio per le strade della mia città, sugli autobus, nella sala d'attesa del mio medico, nascoste dagli occhiali da sole, dalle riviste o dalla vacuità del loro sguardo. Sei milardi e passa di individualità con le loro relazioni intrecciate per motivi necessari. Saluto e pago la banconiera che mi porge la busta di pane che ho appena comprato. Anche lei è sola? Vede decine di clienti fissi ogni giorno, le basterà la sera per sentirsi, non dico amata, ma almeno necessaria? Ho fatto le mie scelte, ho ferito e deluso e sono stato ferito e deluso a mia volta da altre persone. Il dolore passa, mi dimentico dei motivi che mi hanno fatto litigare con persone che, tanto tempo fa, ho creduto importanti nella mia vita. Sì, ci sono state delle persone che mi hanno fatto sentire meno solo; non avrei immaginato, quando avevo la loro compagnia, che sarebbero uscite dalla mia vita. Di più: non avrei nemmeno immaginato la mia vita senza di loro nello stesso modo in cui posso concepire unicamente a livello cerebrale il bancone del panificio con un'altra commessa che pesa il mio pane, lo imbusta e me lo offre.
Ero convinto che avrei trovato la pace della mia solitudine in un amore, un giorno incontrai una persona e credetti che la mia ricerca avesse avuto fine. Fu una sensazione che nacque repentinamente e che perdurò dopo che anche quella persona uscì dalla mia vita. Il suo ricordo restava con me. Aveva dato un senso così profondo alla mia esistenza da trasfigurare il passato in una preparazione ad accogliere la mia metà.
La mia metà.
Le persone non sono a metà, purtroppo. Sono tutte intere e sono chiuse, monadi che ti danno il resto alla cassa del supermercato o che ti mettono al mondo, non c'è differenza. Vivo in attesa dello scontro tra particelle, anche il più insignificante. A volte il mio interlocutore mi guarda e so che stiamo pensando la stessa cosa, abbiamo la stessa curiosità nei confronti dell'altro, e poi si spegne. Tornerà a casa, non so dove, chiamerà qualcuno al telefono, non so chi, si siederà e chiuderà gli occhi, e non saprò se lo farà per beatitudine, ansia o semplicemente per stanchezza. Ed in quel momento ci saremo già dimenticati l'uno dell'altro.
Non penso più così spesso al tempo passato con quella persona di tanto tempo fa. A volte però mi viene in mente un abbraccio che ci scambiammo come saluto: l'addio che mi diede. Non realizzai in quel momento quanto fossero fisicamente vicini i nostri cuori. Non era un gesto passionale, non era una riconciliazione e non era una mera formalità.
Se incroci il mio sguardo per strada e leggi la tua stessa solitudine nei miei occhi, sai già che riprenderemo ognuno il nostro cammino. Prima di dimenticarti di me, fermati e abbracciami. Fissiamo nella memoria il ricordo dell'istante in cui si sono unite due monadi. Abbracciami e tieni il tuo cuore vicino al mio. Solo per un momento.

3 commenti:

  1. Bello. Specialmente quel "Se incroci il mio sguardo per strada e leggi la tua stessa solitudine nei miei occhi, sai già che riprenderemo ognuno il nostro cammino. Prima di dimenticarti di me, fermati e abbracciami. Fissiamo nella memoria il ricordo dell'istante in cui si sono unite due monadi".

    E mi ha fatto tornare in mente questo:

    "... udiva quella voce strana e impersonale che riconosceva per propria insistere sull'incurabile solitudine dell'anima. Non possiamo donare agli altri il nostro io, diceva la voce, non apparteniamo che a noi stessi."
    (James Joyce, "Un increscioso incidente. I Dublinesi").

    Non so se hai letto questo racconto di Joyce, penso che potrebbe piacerti.
    (sono arrivata sul tuo blog tramite quello di Stefano Amato).

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  2. Ahi, mi cogli impreparata! Ho letto i Dubliners tanto (troppo) tempo fa, e non ho mai ripasssato.

    In realtà ci sono altre opere di riferimento alle quali stavo pensando quando ho scritto questo pezzo: la celeberrima poesia di Quasimodo, il mito dell'androgino, ma per quella parte finale avevo in mente questo:

    "Straniero, se camminando ti imbatti in me e hai voglia
    di parlarmi, perché non dovresti farlo?
    E perché io non dovrei parlare con te?"

    Detto questo, sono felicissima che ti sia piaciuto :)

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  3. E tu hai colto impreparata me, ammetto che non conoscevo l'aforisma di Whitman e che ho dovuto ricorrere a google ;-) Bene, si impara sempre qualcosa e questo non può che farmi piacere.

    Ho letto sul tuo profilo che ami i gatti. Anche io (a casa ne ospito nove, più un cagnetto pestifero).

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