lunedì 21 marzo 2011

[intermezzo ritardatario - la recensione de "I terribili segreti di Maxwell Sim" di Jonathan Coe]


(Attenzione spoiler)

Il grosso guaio di Maxwell Sim è che vorrebbe essere un personaggio tipico (nell'accezione di Balzac), e risulta essere solo - involontariamente - grottesco. È una caricatura irreale dell'uomo moderno che cerca di interagire con una società mutevole, realizzata utilizzando come modello il luogo comune sull'uomo moderno etc. e non l'uomo moderno vero e proprio.

Praticamente un personaggio da prendere a schiaffi.

Prendiamo ad esempio il brano in cui il padre regala alla figlia neotredicenne un libro da colorare e la trova cresciuta, adolescente. Sveglia Jonathan! Quanto pensi sia credibile questa scenetta? Nella realtà, nel mondo vero, regalare un libro da colorare una bambina di otto anni equivale ad un insulto. Neanche il padre più distratto sulla faccia della terra farebbe una simile debacle.

Poi c'è la tecnologia, che viene enfatizzata furiosamente. Avete presente il metodo Stanislavskij per gli attori? Mi sarei aspettata che per un libro saturo di argomenti così recenti ma già inglobati nel nostro quotidiano, il buon Coe avrebbe applicato il metodo anche al suo libro: rendere Facebook, la comunicazione via sms, i blackberry, la voce del navigatore satellitare un sottotesto discreto.
Invece no: dentro questo libro c'è un calderone di banalità sul modo in cui i ragazzi scherzano via messaggi (qui abbiamo l'autore che vorrebbe mostrarci quanto sono sciocchi i ragazzi, finendo invece col fare lui la parte dell'imbecille per via della sua totale assenza di padronanza dell'argomento) e sugli uomini di mezza età che non riescono a rapportarsi alla rivoluzione della comunicazione (non so proprio chi frequenti il signor Coe per avere queste idee sui suoi coetanei).

L'idea che mi è rimasta è quella di un cinquantenne vecchio dentro che vuole fare il ggiovane a tutti i costi, rendendosi così ancora più vecchio.
(Va detto che in certe parti questo aspetto è reso proprio esplicito, e mi è venuto da chiedermi se effettivamente l'autore l'abbia fatto apposta: ma anche se così fosse, ha avuto una pessima idea).

Il colpo di grazia è il gran finale postmoderno, almeno nelle intenzioni: Maxwell si ritrova davanti al suo scrittore che ne decreta la fine della storia, facendolo sparire. Vi assicuro, non ricorda Pirandello: a me ha fatto pensare al finale bolso di un B movie deludente buttato lì per pigrizia/mancanza di fondi.

Fine.

3 commenti:

  1. Da quel che scrivi i ricorda un po' Generazione A di Coupland, per lo meno per quel che riguarda la sciatta trattazione dei nuovi media.
    Mi sa che mi asterrò dalla lettura, e mi terrò stretti i bei ricordi del Coe che fu.

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  2. Scelta saggia! Io però non ho letto Generazione A :-S

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  3. E' vero che Maxwell Sim è uscito fuori un po' grottesco, ma in generale direi che un po' grotteschi siano proprio i romanzi di Coe (La famiglia Winshaw in testa, che comunque reputo il suo lavoro migliore).

    Nel finale, più che ad uno strategemma tipicamente postmoderno, direi che è ricorso ad un vero e proprio deus ex machina ;-). Della serie: e ora, come faccio finire questa storia? Non ne ho la più pallida idea, allora facciamo finta che sia un romanzo dentro un romanzo, che il protagonista sia in realtà l'autore, che magari potrei essere io che parlo in prima persona ecc. ecc. ;-)
    Se ti piace la narrativa contemporanea inglese ti consiglio McEwan, le prime opere soprattutto ma anche l'ultimo, Solar, non è male.

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