stupido stupido stupido
Ad ogni
“stupido” che dici, sento la rincorsa che prendi con la s,
il colpo della t e quella u prodotta dall'impatto della
tua mano contro la testa. La coda proparossitona pidò
che si mescola al digrignare dei denti. L'autopunizione per aver
fatto qualcosa con entusiasmo ricevendo ingratitudine in cambio. O
percependo ingratitudine. T'immagino mentre ti disciplini nel non
cedere più alla disposizione verso l'altro senza una certezza
preventiva perché sei stato stupido. Non deve più accadere.
Poi accade puntualmente. E t'incazzi.
Sono
stato ssstupido.
È la confezione vuota di medicinali lasciata accidentalmente in
bella vista nel cestino della spazzatura, o la bruciatura di
sigaretta che sbuca dalla manica della t-shirt. A quattordici anni
ero inciampata contro la stufa a elementi e mi ero ferita vicino
all'occhio, sopra lo zigomo. Il mio professore di matematica mi disse
che l'autolesionismo è inconscio. Però, e non ho capito perché,
tutti devono sapere. Sono stato stupido. Cattivo. E lo sono stato per
colpa tua.
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